Il meccanismo dell'aggiunta

20 aprile 2007, giorno del mio trentacinquesimo compleanno. Decido di regalarmi una giornata di arte e cultura a Firenze. Più o meno alle ore 13.oo mi trovo nella galleria dell’accademia, al cospetto del S. Matteo di Michelangelo.
I Miei occhi ammirano un emozionante contrasto tra finito e non finito. Si vede buona parte del corpo del santo. Ma non il corpo per intero. Restano alcune parti del blocco di marmo intatte o, quantomeno, non scalpellate del tutto, non fino al punto di diventare –in modo netto- porzioni corporee dell’apostolo.
All’improvviso, mentre ammiro quest’opera, nella mia testa scatta tutta una serie di collegamenti e associazioni. Ne prendo nota sul mio  taccuino:
“Michelangelo ha detto  che l’opera d’arte è già dentro al blocco di marmo. Il lavoro consiste nel togliere l’eccedenza, per farla emergere. Non bisogna aggiungere nulla, bisogna solo saper togliere. Che uomo coraggioso! Ha osato molto con la sua arte. Ha realizzato diverse opere che a prima vista sembrano incompiute. Eppure secondo me, come secondo molti degli studiosi di storia dell’arte, ha volutamente lasciato il lavoro a questo stadio. Con buone probabilità, per lui, la statua era compiuta così: contenendo in sé un mix di parti scolpite fino a diventare nitide porzioni di un personaggio e altre parti di marmo per nulla lavorate.
Con il S. Matteo e tutte le altre opere  ‘non finite’, in realtà,  vuole esprimere un’idea che va ben  al di là del puro atto scultoreo. Vuole dichiarare il suo pensiero filosofico, e suggerire a tutti noi il modo giusto di affrontare l’esistenza.
In un'opera come questa, non si vede il risultato finale  (ossia un bel corpo  ben delineato) , si vede piuttosto il processo nel suo stare accadendo.
La figura del santo è quello che sta venendo fuori mano a mano che si sta togliendo il marmo superfluo.
E' uno straordinario  messaggio per chi guarda questo capolavoro. Però bisogna  trascendere il livello dell'estetica. Tutto va inteso nel modo corretto. Buonarroti usa il suo processo del ‘non finito’ scultoreo come una  metafora per le nostre coscienze.
In altre parole, il marmo tolto dallo scultore  equivale metaforicamente a quel di più che ogni essere umano deve sforzarsi di togliere dalla propria vita.
L’opera d’arte che emerge  in seguito alla fatica dello scultore, equivale, all’essenza che affiora quando l’uomo si libera da ogni inutile  e nefasto di più”.


Terminati questi appunti, continuo la mia visita al museo, ma lo faccio in modo distratto. I miei pensieri  sono indirizzati ad altro rispetto alle bellezze esposte intorno a me. La mia mente si è ormai  fissata su questo unico tema:
Togliere per arrivare all’essenza.


...continua...


Brano tratto dall'introduzione del mio prossimo libro.

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